mercoledì 31 ottobre 2007

I sergenti.

Oggi esco un pò fuori dal tema del mio blog. Ma il bello di avere un blog è quello di poter esprimere emozioni e sensazioni. E le emozioni sono quelle che ieri sera mi ha trasmesso Marco Paolini nella sua rappresentazione teatrale "il sergente",tratto dal racconto di Mario Rigoni Stern "il sergente nella neve" che racconta della ritirata drammatica dei nostri soldati dalla campagna di Russia nell'inverno 1943, durante la seconda guerra mondiale.
Ho avuto la possibilità di vedere dal vivo il suo spettacolo, andato in onda in diretta su la7, nella suggestiva cornice della cava Arcari di Zovencedo, sui Colli Berici vicino Vicenza! Il tempo e l'atmosfera erano adatte al tema dello spettacolo. Pioggia battente, vento freddo, nebbia ed una lunga passeggiata nel bosco al buio, illuminato dalle torce portatili, in un sentiero reso una poltiglia di fango grigiastro dalla pioggia. Tutto intorno il rumore della pioggia e i profili delle colline e più in là le luci dei paesi del vicentino a fondo valle.
Giunti alla cava siamo stati accolti da una tazza di vino caldo e da croste di pane bruscato e parmigiano. La cava, scavata nella roccia arenaria, è stata lavorata in un periodo precedente a quello delle macchine e delle concezioni attuali, per cui ha un aspetto irregolare, con colonne di pietra rigate che si alzano fino al "soffitto" calcareo, imponenti con luce irregolare, diametri irregolari, che davano l'aspetto di un tempio preistorico al palcoscenico allestito lì. E poi l'acqua. Tutta la cava è un serbatoio di acqua verde che prende i riflessi della roccia. E la si sente scorrere tutto intorno. La si sentiva correre, incanalarsi e sgorgare nel bacino artificiale della cava.
Quindi tutti i preparativi per la diretta TV e poi l'arrivo di Mario Rigoni Stern, lui l'autore, ma prima di tutto il protagonista di questa triste avventura. L'applauso vero di tutto il pubblico, quindi l'abbraccio con l'attore, Paolini. Poi le spiegazioni e infine la diretta. 2 ore incolati sulle panche a bocca aperta, nonostante la scomodità, nonostante il freddo, nonostante la pioggia, tutti impassibili ad ascoltare una storia di altri tempi, in cui le guerre si facevano corpo a corpo, in cui i ragazzi di 20 anni invece di pensare a divertirsi e a rimorchiare, erano spediti in culo al mondo a sparare alla gente per non finire ammazzati. E quelli che non finivano vittima dei proiettili, li finiva il freddo e la fame della steppa russa. Ed anche quelli che sono tornati, come potranno mai aver condotto una vita normale. Dopo quello che hanno visto, dopo quello che hanno subito, dopo quello che hanno fatto! Dopo esser partiti lasciando un paese normale, in pace e ritornati in un paese, distrutto dalla guerra. Sempre loro hanno dovuto prendere e rimboccarsi le maniche ancora una volta e ritirarlo su. Ridargli una dignità, una governabilità, una costituzione! Dopo tutto questo ridargli una civiltà e portarcelo oggi a noi così come lo vediamo. A loro. A questi vecchietti, che sembra siano stati vecchi sempre e sembra non capiscano più il mondo in cui vivono, alla loro generazione distrutta per sempre dalla follia, a loro che non hanno avuto la libertà di essere giovani allora e che non hanno la liberà della loro vecchiaia adesso, a loro rinchiusi nei campi di concentramento a combatter con i russi allora, rinchiusi oggi negli ospizi a combattere con le badanti russe oggi, in una società che non li riconosce più, che non gli riconosce il valore di quello che hanno fatto, a tutti questi piccoli eroi che ci passano sotto gli occhi ogni giorno va il mio grazie ed il mio pensiero.
Emiliano.

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